Sabato 1 luglio 2023 - ore 21.00 - F. J. HAYDN - Nelsonmesse
Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola
Roma - Piazza S. Ignazio
Sabato 1 luglio 2023 - ore 21.00
CONCERTO DI PRIMA ESTATE
F. J. HAYDN - Nelsonmesse
per soli, coro e orchestra Hob XXII n. 11
Chiara D’Acunto, soprano
Eleonora Cipolla, contralto
Carlo Putelli, tenore
Stefano Fioravanti, basso
Orchestra e Coro: Melos Ensemble
FILIPPO MANCI, direttore
Scritta nel 1798 questa messa è senza dubbio una grande composizione di Haydn. Quando la scrisse il suo mondo era in subbuglio: un periodo di grande instabilità politica e finanziaria scuoteva l’Europa. Napoleone aveva vinto quattro grandi battaglie con l'Austria in meno di un anno. All'inizio del 1797, i suoi eserciti avevano varcato le Alpi e minacciato la stessa Vienna. Fu un periodo drammatico per l'Austria ma anche personale per Haydn a causa dalla malattia e dall'esaurimento che ebbe a soffrire. Al compimento l’autore diede all’opera il titolo significativo di Missa in angustiis (Messa per tempi difficili). Successivamente, 1° agosto del 1798 Napoleone aveva subito una clamorosa sconfitta nella battaglia del Nilo dalle forze britanniche guidate dall'ammiraglio Horatio Nelson. L’opera quindi fu dedicata a Lord Nelson Mass. Il titolo divenne indelebile quando, nel 1800, lo stesso Lord Nelson visitò il Palais Esterházy e probabilmente vi ascoltò la messa eseguita da Haydn stesso.
INFO: 06 6794406 | 3927845450
chiesasantignazio@gesuiti.it
29 giugno - Santi Pietro e Paolo
Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere (Atti 2,42)
38° anniversario dell' Ordinazione Sacerdotale
Oggi, 22 giugno, anniversario dell'Ordinazione Sacerdotale:
Ma chi è Guido Ruta?
La corsa più bella
Festa di San Luigi Gonzaga il 21 giugno
Vi invitiamo alla celebrazione della festa di San Luigi Gonzaga il 21 giugno prossimo alle ore 18:30 nella Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola.
Desideriamo affidare a Dio, in modo particolare, i giovani del nostro tempo, il loro presente, il loro futuro, la loro fondamentale vocazione nella vita e nella fede. Con loro viviamo circostanze dolorose col perdurare della guerra nel cuore dell'Europa, con l’aggravarsi delle condizioni dei più poveri a livello planetario. Ci sia di aiuto l'esperienza giovanile illuminata dall’esempio di generosità e di fede di S. Luigi Gonzaga.
La Celebrazione Eucaristica sarà presieduta da P. ANDREA PICCIAU S.J., responsabile per la Pastorale vocazionale della Provincia EUM della Compagnia di Gesù.“L'universo musicale delle riduzioni gesuitiche in Paraguay 17° e 18° secolo”
CONCERTO
Chiesa
di sant’Ignazio di Loyola | Roma - 17 giugno 2023 ore 20:30
“L'universo musicale delle riduzioni gesuitiche in
Paraguay 17° e 18° secolo”
21/06/2023 - Festa di San Luigi Gonzaga: solenne S. Messa ore 18:30
Nella Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola quest'anno desideriamo, in occasione della festa di San Luigi Gonzaga, rivolgere una particolare attenzione ai giovani, al loro presente, al loro futuro.Viviamo circostanze particolari, con la guerra nel cuore dell'Europa, gravi tensioni internazionali e crescenti problematiche sociali. Queste complesse situazioni desideriamo elevare a Dio nella fede con la Celebrazione del Santo.Siamo certi che l'esperienza giovanile, illuminata dalla santità di S. Luigi Gonzaga, unita alla solidarietà, alla formazione, alla bellezza, alla spiritualità nell'arte, contribuirà alla crescita dell'intera comunità ecclesiale e sociale.La solenne Celebrazione Eucaristica di mercoledì 21 giugno 2023 delle ore 18:30 alla quale invitiamo tutti, sarà presieduta da P. Andrea Picciau S.J., responsabile per la Pastorale giovanile e vocazionale della Compagnia di Gesù.P. Vincenzo D'Adamo sj(Rettore)
A Vasco Rossi - Splendida “Lettera aperta” del Vescovo di Rimini
Mi permetto di darti del “tu” perché, pur senza averti mai incontrato personalmente, ti sento quasi come uno di famiglia.
Sono anni che, con amici e ragazzi, cantiamo le tue canzoni intorno al fuoco, sulla spiaggia, sotto la luna, fra le tende.
Mi chiamo Nicolò, e sono il Vescovo di Rimini.
Sono nato a Genova, ho vissuto nel centro storico, e insieme alle tue canzoni spesso le chitarre intonavano le note del concittadino Fabrizio De Andrè.
Volevo darti anch’io il benvenuto nella nostra città.
Hai scelto di iniziare a Rimini il tuo tour. Migliaia di giovani e adulti ti attendono, alcuni accampati da giorni fuori dallo stadio.
Su molti di loro tu eserciti un’influenza potente.
In questi giorni tanti ragazzi e giovani si sono generosamente coinvolti nell’aiutare le popolazioni alluvionate della tua, nostra regione.
Sono venuti da tutt’Italia, tanti anche da Rimini: molti di loro li conosco personalmente.
Hanno spalato fango, lavato mobili, distribuito pasti, spostato rottami e detriti.
Alla sera erano esausti ma felici; hanno servito, faticato, aiutato, amato chi si trovava in situazioni di grande difficoltà e di lutto. Tutto il mondo ha visto la loro bellezza interiore.
Permettimi ora di dire una “cosa da prete”: questi ragazzi e giovani hanno manifestato la forza e la capacità di amore di Gesù che è dentro di loro, che è dentro tutti, credenti e non credenti, di ogni religione.
Se puoi, incoraggiali – magari anche dal fronte del palco del ‘R. Neri’ – a continuare così, ad essere generosi sempre, attenti verso chi soffre, verso i malati, verso chi è straniero e fatica ad inserirsi, disponibili a tenere compagnia ad un anziano, ad aiutare un bambino in difficoltà con lo studio, a stare vicino a chi si sente solo e vuoto. Se vuoi, invitali a non spegnere mai quel desiderio d’infinito che si trova nel cuore di ogni uomo, lo stesso che abita sulle “Dannate nuvole”.
Se puoi, suggerisci loro a non aver paura di una “vita spericolata” e ad “andare al massimo” nell’amore verso gli altri, gli esclusi, i fragili, verso tutti. Chi vuol “trovare un senso a questa vita” lo può trovare nel rendere felici gli altri. Perché chi dona la sua vita la trova, e c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
Grazie di cuore.
Ti accompagno con la preghiera,
+ Nicolò Anselmi
Vescovo di Rimini
Gaël Giraud. Ha lasciato Wall Street per farsi gesuita e sacerdote
Gaël Giraud. Ha lasciato Wall Street per farsi gesuita e sacerdote
Economista, matematico, teologo. Lavorava per
il governo di Parigi. Era l’enfant prodige delle banche. Che ora vogliono
soffocarlo. «Stop ai combustibili fossili, ma così le prime 11 banche d’Europa
crollerebbero. Hanno tentato d’incastrarmi, mandando una ragazza che voleva
fare sesso»
Economista, matematico, teologo, sacerdote,
poliglotta (parla sette lingue), ex consigliere ombra del presidente socialista
François Hollande, già capo economista e direttore esecutivo dell’Agenzia
francese di sviluppo fondata da Charles De Gaulle (unico prete ad amministrare
per il governo di Parigi un budget da 8 miliardi di euro a favore dei Paesi
poveri), Gaël Giraud, 53 anni, ha
lavorato a Wall Street dal 1999 al 2003, mentre si avviava a diventare
gesuita. Era l’enfant prodige delle banche: «Dovevo elaborare un modello
matematico sofisticato basato sulla teoria dei giochi nata dagli scacchi, da
applicare ai derivativi, i titoli spazzatura in Italia chiamati derivati, allo
scopo di evitare la crisi finanziaria dei mutui subprime che tre anni dopo
avrebbe messo in ginocchio il mondo». Invece svelò come venivano usati gli
algoritmi per truffare i clienti. Da quel momento è diventato il demonio.
Cercano di distruggerlo con campagne di stampa. Hanno persino tentato
d’infilargli nel letto una fascinosa cinese.
Il titolo del suo nuovo saggio, Il gusto di cambiare
(Slow food editore e Libreria editrice vaticana), scritto con Carlo Petrini
e Stefano Arduini, rappresenta il compendio della vita di questo gesuita. «Ha
generato in me un sapore di speranza, di autenticità, di futuro», scrive Papa
Francesco nella prefazione. C’entra anche il dolore: a 28 anni perse il padre e
a 34 la madre («entrambi per infarto»); primogenito di tre fratelli, vide
morire il secondo di 18 mesi e il terzo di 34 anni.
Che cosa si prova a rimanere soli?
«Difficile dirlo. Ho imparato la vulnerabilità della vita. E quanto valga, ma
sia molto breve, l’amore della famiglia».
Un economista che si fa prete. Raro.
«A 11 anni scelsi un lavoro che mi consentisse di ascoltare Bach tutti i
giorni. Quindi, organista o sacerdote. A 19 ero sulle Alpi con mio zio Martin
Kopp, vicario generale della Svizzera centrale. Mi disse: “Devi imparare a
pregare”. M’indicò un direttore spirituale, un gesuita francese. A 25 la
svolta, in Ciad».
Convertito sulla via di N’Djamena?
«Nella savana, tra i bimbi di strada. Ero laggiù per il servizio civile. Vidi
con i miei occhi che il modello economico-alimentare in cui siamo immersi
conosce il prezzo di tutto e il valore di niente, lo dice anche Francesco nella
prefazione».
«La transizione ecologica come via per la
felicità», recita il sottotitolo. Però la parola «felicità» nel Vangelo non
c’è. Promette più lei del Nuovo Testamento.
«Ma c’è il discorso delle beatitudini: “Beati i poveri...”. È questa la
felicità. Non è quella mondana: soldi, potere, sesso».
Ha conseguito dottorati in matematica e teologia,
ha studiato economia. Non capisco se ami di più ragionare sui numeri, sui soldi
o sul Padreterno.
«La tenerezza di Dio è l’unica cosa che conta. Senza, non possiamo fare nulla.
La matematica è un utensile. E i soldi solo un mezzo: ho fatto voto di
povertà».
Tuttavia nel suo saggio cita Dio solo sette
volte, mentre transizione ecologica ricorre 38 e banche 28. Ambiente e soldi
sono le divinità dell’uomo moderno?
«L’ambiente no. Le banche sì. Ed è un’idolatria estremamente pericolosa».
Allora perché si mise al loro servizio?
«Solo di Crédit agricole e Compagnie parisienne de réescompte. Ero molto
giovane. Sentivo la responsabilità verso la famiglia dopo la morte di mio
padre».
La pagavano bene, almeno?
«Lavoravo solo un giorno a settimana, per 1.000-2.000 euro. Ho vissuto la crisi
finanziaria del 2008 minuto per minuto, al fianco di mio fratello Aurèle,
trader, specialista in derivati presso Bnp Paribas. Era sconvolto
dall’inefficienza totale delle banche e dalla quantità di titoli tossici in
circolazione. Dobbiamo fare qualcosa, ci siamo detti. Il mio primo libro, un
piano di riforma del sistema, nacque così. Purtroppo in quello stesso anno, a
novembre, Aurèle morì. Nel frattempo i mercati finanziari mondiali avevano perso
circa un quarto del loro valore».
Che altro fanno di brutto le banche?
«Se venissero proibiti petrolio, gas e carbone, le prime 11 d’Europa
fallirebbero. Loro ne sono consapevoli da anni, non hanno aspettato me per
capirlo».
È terribile. Come fa a sostenerlo?
«Fra azioni e prestiti, hanno investito in energie fossili il 95% dei
rispettivi capitali. In totale 530 miliardi di euro. Se passiamo alle energie
rinnovabili, vanno in bancarotta. Non sanno come fare a liberarsi di questa
zavorra».
E lei lo sa?
«Nel 2009 la Commissione europea propose che ogni Paese creasse una bad bank, una banca dei titoli spazzatura:
ieri erano i mutui subprime, oggi i combustibili fossili. Ma non è la soluzione
giusta, perché socializza il deficit: gli istituti di credito privati
guadagnano, lo Stato perde, il cittadino paga. L’alternativa è che sia la Banca
centrale europea a fare da bad bank. Non
costerebbe nulla a nessuno. I miei colleghi francesi mi hanno dato del pazzo.
Però la Banca dei regolamenti internazionali, che a Basilea riunisce le banche
centrali di tutto il mondo, ha pubblicato un rapporto in cui mi dà ragione.
Alcuni amici della Bce mi dicono: “Tecnicamente è possibile, ma politicamente
no”. Temono il panico sui mercati. Eppure questa è l’unica strada affinché le
banche, ripulite, finanzino la transizione ecologica».
Ora mi è chiaro: conviene di più dimostrare che
padre Giraud è un donnaiolo.
«Si presenta questa ragazza di 23 anni. Dice di essere figlia di un generale
cinese altolocato. Ignoro se sia vero. Chiede il dottorato con me. Rinvio la
risposta all’anno seguente. Allora lei mi propone esplicitamente di fare sesso.
La allontano. Poi scopro che aveva preso casa a 300 metri dal mio studio di
Parigi».
Sia sincero: ha faticato a resisterle?
«Era molto bella. Tre mesi dopo mi scrive una mail: “Mi spiace di averle fatto
del male. Ma ero controllata da fuori”. Non capivo. La invito in una
caffetteria e le chiedo: chi ti ha mandato? Silenzio».
Di recente «Le Monde» l’ha accusata di plagio,
complottismo, antisemitismo.
«Un attacco mirato perché secondo alcuni incarno l’alternativa al sistema».
Lei teorizza che il rapporto tra stipendio dei
dipendenti e dei capi delle imprese debba essere di 1 a 12. C’entra qualcosa il
numero degli apostoli?
«Un’indagine tra i francesi ha suggerito 1 a 10. Nel pubblico siamo 1 a 11.
Nell’economia sociale 1 a 5. Serve una progressione. Si può partire anche da 1
a 100. Ma non da 1 a 1.000 come accade oggi».
Pensa che Elon Musk
e Jeff
Bezos vogliano prendere lezioni da un prete?
«Ho formulato 20 proposte per riformare il capitalismo. Ne sto parlando con
grandi famiglie, ma lei non può scriverlo». (Me
ne cita un paio davvero grandi).
Non mi meraviglia. È stato compagno di studi di
Thomas Piketty, autore del discusso «Il Capitale nel XXI secolo». Infatti la
accusano di essere di sinistra.
«Non lo sono. L’ecologia è universale».
Profetizza che spariranno i ghiacciai.
«Nel 2050 il monte Bianco d’estate sarà verde, è la scienza a dircelo. Balliamo
sul Titanic. Da anni parlo della tropicalizzazione del clima e guardi ora
quello che è accaduto nella vostra Emilia Romagna».
Che cos’ha in comune con Petrini?
«La speranza nell’umanità. Negli Stati Uniti si consumano 130 chili di carne
pro capite l’anno, nell’Africa subsahariana 5. Per una dieta corretta ne
bastano 60».
Apollinare Veronesi diede il pollo agli italiani.
Mi raccontò che al suo paese si mangiavano appena 1,4 chili di carne l’anno.
Oggi a Lugo di Valpantena sono molto più sani e più ricchi di 70 anni fa.
«Siamo passati dal nulla al troppo. La bistecca quotidiana è la conferma
simbolica che l’uomo si ritiene il predatore universale della Creazione. Non va
bene. Noi siamo i servitori della Creazione».
È una buona forchetta come Petrini?
«Ah, no. Mangio poco. Sono vegetariano. Vorrei diventare vegano, ma un francese
fatica a privarsi di formaggi e uova».
Da direttore dell’Agence française de
développement qual è la peggior tragedia che vide girando il mondo?
«La desertificazione del Sahel. L’Africa conta oggi 1,3 miliardi di abitanti,
nel 2050 saranno almeno 2,3. Entro sette anni in tutto il pianeta 2 persone su
5 non avranno acqua potabile».
Il Club di Roma previde nel 1972 che sulla Terra
saremmo arrivati a 8 miliardi d’individui nel 2020. Ci siamo.
«La crescita demografica non è il problema. Già oggi si produce cibo sufficiente
per 12 miliardi di persone ma il 33 per cento viene buttato via e 800 milioni
di poveri non hanno nulla da mangiare».
Che ci faceva in una commissione scientifica con
Joseph Stiglitz, il premio Nobel per l’economia che ha ispirato Beppe Grillo e
il Movimento 5 Stelle?
«Non sapevo di questo legame. È un collega e un amico. Abbiamo studiato come
determinare una tassa equa sul carbone: dovrebbe arrivare a 300 dollari a
tonnellata nel 2030 e a 400 nel 2040».
È vero che sta scrivendo il programma di sviluppo
per il governo del Sudafrica?
«Sì, con il mio centro di ricerca lavoro al primo modello di politica economica
e ambientale. Sarà pronto entro il 2024».
Dove ha imparato l’italiano?
«A Roma, in piena pandemia, facendo il cuoco e l’inserviente nella mensa per i
rifugiati del Centro Astalli. Poi attraversavo la città deserta e andavo a
suonare Bach, Mozart, Chopin e Debussy per l’ambasciatrice di Francia presso la
Santa Sede, sul pianoforte di Villa Bonaparte».
«Il gusto di cambiare» applicato alla sua vita
che cosa comporterebbe?
«La riduzione dei viaggi in aereo. Nel 2016 ho toccato il folle record di 17
voli intercontinentali in un mese. Sulla rotta Parigi-New York, e ritorno, un
aviogetto emette 3,2 tonnellate di anidride carbonica a passeggero. È il triplo
dell’impronta media di un ugandese in un anno».